giovedì 3 dicembre 2009

Oliviero Bhea risponde a Celli



Caro Celli, ho letto con grande interesse la Sua lettera aperta affidata alla prima pagina di Repubblica di lunedì. In essa esorta i Suoi figli, alla lettera il ventitreenne Mattia studente di ingegneria meccanica ma in generale i giovani italiani, a scappare da questo paese ormai insalvabile. Mattia risponde in una nota di agenzia che ci penserà.La lettera ha provocato molte reazioni negative e qualche adesione positiva, e presumo altre ne stanno seguendo mentre scrivo. I motivi per cui “evadere” sono secondo Lei vari e più o meno i soliti. Non starò a ripetere qui quello che in tanti pensiamo e scriviamo dello stato comatoso dell’Italia. Non fa i nomi dei responsabili, forse perché formerebbero una guida telefonica, forse per altri motivi tra cui quello per il quale Le sto scrivendo. Per chi non lo sapesse, preciso che in questo momento Lei è Direttore Generale della pregiatissima Università privata Luiss, un laboratorio per la formazione della nuova classe dirigente del Paese.E’ probabile che, vista la Sua carica e la Sua responsabilità, se con la sentita missiva avesse presentato le Sue dimissioni qualcuno avrebbe apprezzato la Sua coerenza. E stiamo arrivando al punto. Proprio qui, qualche settimana fa, rivolgendomi ai visitatori di questo portale anche ai lettori delle mie righe, citavo Paul Valery e il suo “Quando non si può attaccare il ragionamento si attacca il ragionatore”. Disciplina sportiva assai praticata da noi, e della quale mi dolevo sulla mia pelle. E’ giusto quindi che precisi fin da subito che nel Suo caso non posso davvero scindere ragionamento e ragionatore.Detto altrimenti, per sostenere certe posizioni bisogna avere la faccia per farlo. E più si va avanti (indietro) scivolando per la china italiana, meno si trovano “facce” adatte e inattaccabili. Il potere non solo logora ma sporca. Quindi se ricordo a chi legge che Lei ha avuto importantissimi incarichi manageriali nella sua vita, dall’Omnitel all’Olivetti, dall’Eni all’Enel, alla Rai prima da capo del personale e poi da Direttore Generale (lì ci siamo conosciuti e ho apprezzato il suo impatto romagnolo a base di sigaro e simpatia), poi a Ipse 2000 (rammenta il fallimento e i disoccupati di quell’impresa telefonica?), poi a Unicredit prima della Luiss, è perché siamo quello che siamo stati e anche i ruoli che abbiamo ricoperto.Nel mio libro Italiopoli, edizioni Chiarelettere, c’è un capitolo dedicato a Lei e a uno dei Suoi successori, Flavio Cattaneo, intitolato “La mano destra, la mano sinistra. In tv”, teso a dimostrare documentalmente che i danni che ha fatto Lei da sinistra pur essendo uomo colto e avveduto valgono quelli che ha fatto Cattaneo da destra invece simile a un bravo di Don Rodrigo, cito una Sua intemerata: “Ho sperato di cambiare la Rai, adesso alzo le mani in segno di resa. E’ una Rai in mano ai partiti… La sinistra ci ha fatto più danni della destra. In Rai si pensa solo a come tenersi buona la poltrona”. Lo ha dichiarato Lei l’11 dicembre 2000, ed era ancora, dopo due anni, Direttore Generale della stessa.Domanda: chi lo aveva piazzato lì? Era entrato per concorso? E in tutti gli altri posti con ruoli ripeto rilevanti per una persona di spessore, non aveva/ha avuto bisogno della spinta o della protezione della politica? Perché questo è il paese, ci dice Lei con altre parole nella lettera a Mattia.E dunque tutti i padri che non hanno goduto del Suo (come di tutta la classe dirigente) “scudo” politico? E tutti gli altri figli che non sono nella situazione comunque privilegiata di Mattia? Che ne facciamo? Siamo sicuri che possa partire da Lei una crociata sui mali di quest’Italia? E Lei che ha fatto davvero, quali scelte, quali rinunce, per guarirli, questi mali, oltre che farsi piazzare metaforicamente (????) nella Asl di competenza per dirigerne il funzionamento? E Lei allora il medico che può parlare?C’è differenza tra Lei e - poniamo - Gino Strada tanto per proseguire sulla strada di una metafora reale? Se l’avesse detto Strada sarebbe suonato come un allarme diverso, autentico, più credibile, oppure no? Come legge, non entro nel merito di quello che ha scritto, che temo in questo caso sia tinto differentemente da chi lo scrive, che ha sempre fatto parte di una classe dirigente responsabile della riduzione in questi termini del Paese da cui invita ad andarsene.In tutta la Sua lunga e premiata, meritatamente premiata carriera, davvero Lei si è opposto a questo declino che denuncia per i figli d’Italia? Vogliamo parlare dei padri? E nel caso, chi dovrebbe andar via dall’Italia magari lasciando qui il metaforico bottino, Suo figlio o non piuttosto Lei stesso?Cordialmente Suo O.B.

Nessun commento: