venerdì 12 giugno 2009

Gli affari del colonnello di Roberto Cotroneo



Quello che è accaduto ieri a Roma per il colonnello Gheddafi ha dell'incredibile. Perché questo evento a seguirlo da lontano, con un certo distacco, sembrava qualcosa di molto più vicino a uno scherzo, piuttosto che alla realtà. Il colonnello è arrivato in Italia, accolto con gli onori di un capo di stato democratico. Ha paragonato gli Stati Uniti al terrorismo islamico, ha detto persino che il terrorismo va compreso. Nessuno è riuscito a contestarlo, una ragazza che alla Sapienza ha cercato di fargli una domanda è stata interrotta e gli è stato tolto il microfono. Gheddafi ha potuto dire quello che gli pareva, fare quel che più gli piaceva, ed è arrivato in Italia con l'aria di chi ha ottenuto tutto, e si porterà a casa la soddisfazione di aver ridicolizzato l'Italia. Perché è di questo che si tratta. Lo ha fatto arrivando con la fotografia di al-Mukhtar sulla divisa, lo ha fatto dichiarando che è venuto in Italia perché l'Italia ha chiesto scusa. Ha usato tutti i mezzi per mettere in difficoltà il nostro paese. Si è vestito da colonnello Gheddafi e si è comportato nel modo più paradossale che potesse esserci. Probabilmente ha fatto bene. Sapeva di poterselo permettere.Ma è francamente desolante che questa visita sia stata fatta passare per una visita di Stato, quando in realtà sanciva soltanto affari. E gli affari sono un investimento italiano in Libia di 5 miliardi di dollari in 20 anni per progetti e investimenti. Il controllo di gas e petrolio libico da parte dell'Eni almeno fino al 2047, soldi e investimenti libici in Italia sia nell'Eni che in Unicredit. Infine un accordo per le cosiddette rotte delle migrazioni afro-mediterranee. Ovvero stroncare in Libia il passaggio dei migranti africani verso l'Europa. Naturalmente senza diritti e senza garanzie per i poveri migranti.La parata di questi due giorni, con i discorsi ai senatori, alla Sapienza, e poi l'incontro con il Senato accademico hanno qualcosa di sconcertante. Passino gli affari, ma era il caso di concedere un palcoscenico istituzionale di questo livello a un dittatore da sempre messo sotto accusa da Amnesty International per la violazione continua dei diritti umani? Dovevamo finire nel ridicolo fino a questo punto? O forse solo un paese ormai grottesco come il nostro poteva inventarsi una parata di questo livello.

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